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  • Immagine del redattoreCarlo Carlotto

Il controllo di gestione scomposto (II)

Nelle nostre esperienze in azienda abbiamo sempre cercato di adottare un approccio olistico alla gestione finanziaria in senso lato. Riprendendo quanto già detto ci sentiamo infatti di ribadire che il controllo di gestione organico e quello “scomposto” sono due approcci complementari che operano sinergicamente.


Approcci differenti per un unico fine

In sintesi possiamo dire che il controllo di gestione organico si concentra sull’analisi dei dati finanziari e operativi nel loro insieme per valutare le prestazioni complessive dell’azienda. Di norma si basa su indicatori chiave di performance (Kpi) che riflettono gli obiettivi strategici dell’impresa e forniscono una visione panoramica della sua salute economico-finanziaria. Attraverso la loro analisi si possono identificare tendenze, individuare aree di forza e di debolezza e prendere decisioni consapevoli allo scopo di migliorare le performance complessive.

Per contro (o meglio, complementariamente) il controllo di gestione scomposto si concentra sulla suddivisione dei dati economici, finanziari e operativi in componenti più piccoli e dunque più facilmente gestibili. Questo approccio permette una visione più dettagliata delle varie funzioni e dei numerosi processi aziendali consentendo al controller, in collaborazione con gli altri manager, di identificare le fonti specifiche di inefficienza o di opportunità di miglioramento. 

Scomporre i dati può significare, per esempio, analizzare i costi per area di business, la segmentazione dei ricavi per canale di distribuzione o la valutazione delle performance dei singoli prodotti o servizi. Ma non solo, come vedremo.


L’integrazione armoniosa per massimizzare il valore aziendale

Mentre il controllo di gestione organico fornisce una visione globale e strategica dell’azienda, il controllo di gestione scomposto offre una prospettiva dettagliata e operativa. Insieme forniscono un quadro più completo delle prestazioni dell’impresa. Soprattutto però forniscono punti di vista diversi ai vari responsabili di settore e costituiscono lo stimolo per riflessioni (e di conseguenza, auspicabilmente, azioni) su aspetti aziendali spesso trascurati o addirittura sconosciuti.

Al proposito ci viene in mente l’espressione “dare un colpo al cerchio e uno alla botte” con la quale si indica un comportamento o un’azione che cerca di soddisfare due obiettivi o esigenze diverse, spesso contrastanti, allo stesso tempo senza privilegiarne uno solo. È senz’altro un modo di dire poco fine ma pensiamo che renda l’idea e, soprattutto, siamo convinti che sia efficace.


Qualche esempio concreto

Abbiamo già proposto i “titoli” delle aree verticali da approfondire.

Si tratta principalmente di quelle riferite a oneri cosiddetti generali o fissi poiché si ritiene che i costi inerenti il core business siano già adeguatamente monitorati (ma se non è così quanto stiamo per dire è valido anche per questo ambito).

Per esempio:

  • Immobili: di proprietà, in affitto, in leasing

  • Immobilizzazioni immateriali

  • Macchinari, impianti e strumentazioni

  • Automezzi e autovetture

  • Energia

  • Costi per telecomunicazioni: telefono fisso, telefono mobile, internet, “devices”, …

  • Personale dipendente

  • Assicurazioni

  • Consulenze esterne: legali, amministrative, fiscali, tecniche, …

  • Oneri finanziari: interessi, commissioni, provvigioni, spese, …

Riteniamo che l’approccio sia quello della redazione di specifici report di analisi della singola voce presa in esame.

Ci è già capitato (come si fanno le cose) di segnalare la notevole importanza che attribuiamo alla pratica di stilare documenti nei quali l’addetto aziendale a quello specifico tema, nel contempo esplicita a terzi gli elementi essenziali dell’argomento e si rende egli stesso maggiormente consapevole (“padrone”) della materia.

Imparare scrivendo, insomma. E già il conseguimento di questo solo risultato costituirebbe un grande valore per l’azienda.

Al proposito però ci piace anche citare questa efficace sintesi che si trova facilmente in rete (per esempio qui) riferita alla nonna del noto produttore di vini Angelo Gaja: fare, saper fare, saper far fare, far sapere.


Per esempio, gli immobili

Gli immobili strumentali utilizzati dall’azienda concorrono alla composizione del conto economico attraverso varie voci di spesa “disseminate” in diversi capitoli di bilancio.

Se sono di proprietà attraverso, per esempio, le seguenti voci:

  • Ammortamenti

  • Spese condominiali

  • Spese di manutenzione ordinarie e straordinarie

  • Energia elettrica

  • Spese per telecomunicazioni

  • Spese di pulizia

  • Spese di riscaldamento

  • Spese di vigilanza

  • Servizi di reception

  • Assicurazioni

  • Tributi locali

  • Imposte

Naturalmente l’immobile di proprietà, se locato a terzi (in tutto o in parte) può generare ricavi di cui si deve tenere conto nell’analisi affinché sia completa e coerente.

Se invece sono condotti in forza di contratti di affitto, leasing o simili, gli oneri degli immobili possono riguardare:

  • Canoni di locazione

  • Canoni di leasing

  • Spese condominiali

  • Spese di manutenzione ordinarie e straordinarie

  • Spese per telecomunicazioni

  • Spese di pulizia

  • Spese di riscaldamento

  • Spese di vigilanza

  • Servizi di reception

  • Assicurazioni

  • Tributi locali

  • Imposte

  • Oneri finanziari (leasing)

  •  …

L’analisi completa della voce Immobili può dunque sfociare nella redazione di un report in cui, con modalità “top down” (meglio ancora se gli strumenti aziendali consentono il “drill down”, per esempio tramite Tableau, ma non soltanto), il tema viene affrontato ed esposto in maniera chiara e comprensibile anche per i non addetti ai lavori.

Si può partire con l’elenco delle unità immobiliari a disposizione, distintamente per tipo di possesso.

Si può procedere con l’esposizione dei dati relativi alle metrature a disposizione, ai costi sostenuti (per singola voce e nel complesso) e all’incrocio degli oneri con gli spazi al fine di determinare il “costo per metro quadrato” complessivo medio e per singola unità immobiliare.

E questo non è che l’inizio poiché è facilmente intuibile come la base dati a disposizione possa consentire di generare un numero importante di indici e parametri di riferimento confrontabili all’interno ma pure all’esterno dell’azienda. Anche questo è benchmarking.

Il report, redatto con periodicità adeguata al tipo di organizzazione (annuale, semestrale, trimestrale o, addirittura, mensile) e divulgato tra tutti i responsabili di settore aziendali fungerà molto probabilmente da interruttore per l’”accensione di lampadine”. E talvolta sembra impossibile quante ce ne fossero spente…

In questo modo è tutta l’impresa che collabora attivamente alla funzione di verifica dell’andamento e del rispetto del piano di budget.


Per qualche ulteriore esempio pratico di controllo di gestione scomposto vi invitiamo a seguirci nel prossimo articolo.


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